Intervista con Alfonso Luigi Marra: signoraggio e “finale di partita”
ALFONSO LUIGI MARRA (nella foto, ndr) è avvocato, giurista, scrittore, filosofo e nemico storico delle banche e del signoraggio, quello “classico” e quello delle criptovalute. In questa intervista, rilasciata al blog emilianomorrone.it e significativamente proposta alla vigilia del Capodanno 2018, Marra spiega il signoraggio in modo semplice e diretto, avvertendo – ancora una volta – sugli effetti globali del fenomeno, ormai noto. Nato a San Giovanni in Fiore (Cosenza), comune calabrese legato alla figura dell’abate profetico Gioacchino da Fiore, Marra, già parlamentare europeo, è un personaggio controverso quanto scomodo. L’abbiamo voluto ascoltare senza filtri, per offrire ai lettori una sintesi, nei limiti dello spazio qui disponibile, del suo pensiero, spesso catalogato come provocatorio in modo strumentale e anche superficiale. Continueremo ad approfondire il tema del signoraggio, pure con altre voci e con la stessa terzietà di sempre.
di Emiliano MORRONE
Avvocato Marra, in un suo recente post ha contestato il Bitcoin, perché?
Lo Stato ti dà i soldi in cambio di qualcosa, che è ciò con cui tu li inveri; per esempio un’autostrada, un’edificio. Questo fa aumentare sia la ricchezza reale che il denaro circolante, dunque non c’è svalutazione. Anche i diritti sono beni, perciò ricevere dei soldi con un corrispettivo di diritti è un modo di inverarli. Il problema nasce quando, invece, a creare moneta non è lo Stato, che è l’organo di rappresentanza di una collettività. Se è un altro, non lo Stato, a creare i soldi, si tratta di un falsario. Quindi sono falsarie le banche centrali e falsario è chi produce il Bitcoin. Si tratta di signoraggio privato. Le monete virtuali sono una creazione di denaro da parte del privato cittadino, con l’illusione di decentralizzare. È una novità calcolata nel momento in cui la cupola bancaria ha capito che non avrebbe più potuto portare avanti il signoraggio per com’è ancora oggi. In qualche maniera il sistema bancario doveva dare alla collettività l’illusione di creare soldi in proprio. Attenzione, quando la cupola bancaria possiederà il 50, il 60% dei Bitcoin, avrà il controllo del mondo attraverso uno strumento univoco, che non è più l’euro, il dollaro, che invece servono a controllare una parte del mondo. Queste sono vecchie monete, a guida un tantino più politica. Chiamando a colludere un numero elevato di cittadini affinché poi essi rafforzino questa operazione, il potere bancario lancia la finta alternativa al sistema signoraggistico convenzionale delle banche centrali. Quando, per esempio, il dittatore coreano Kim Jong-un fa lo spiritoso, tu gli chiudi i canali della criptovaluta e l’hai fregato. L’altra cosa che è completamente falsa è che le criptovalute siano segrete e che su di esse non si possa intervenire. Mi spiego, c’è un modo per rendere segrete nella parte iniziale le criptovalute. In certi Paesi si vendono in contanti, tu paghi in dollari e dall’altra parte ti accreditano le criptovalute in un portafogli virtuale, fisicamente allocato in un luogo che non si può sapere di chi sia. Per cambiare questi soldi, poi devi fare l’operazione al contrario. Alla fine viene fuori è che il modo ottimale per far circolare il nero restano sempre i contatti. In che maniera è segreta un’operazione in cui sulla Blockchain tu sei stato identificato, dal momento che poi viene identificato tutto ciò che hai fatto? Sono tutte sciocchezze, la moneta virtuale non è segreta in alcun modo. L’autorità giudiziaria potrebbe intervenire, ma non lo fa perché ha ordini di sistema. Come mai l’autorità giudiziaria non si interessa?
Fermiamoci un attimo a questo problema dell’autorità giudiziaria. Già nel ’94, quando si candidò per diventare parlamentare europeo e poi lo divenne, lei contestò in campagna elettorale l’autorità giudiziaria.
La cosa più grave è che i giudici comprendono benissimo il problema del signoraggio. Io dico che l’autorità giudiziaria è globalmente, culturalmente collusa e che in grossa parte è pure materialmente corrotta. Se facessimo solo un’indagine per andare a vedere dove abitano i magistrati italiani, ci accorgeremmo che molti vivono al di sopra delle loro possibilità. Ho suggerito, l’ho scritto in varie cause oltre che in documenti che ho pubblicato, il rimedio. Ci vuole un’istituzione terza che controlli continuamente, attraverso una modulistica approvata per legge, le sostanze dei magistrati ed anche dei parenti, delle persone a loro vicine. Sarebbe una piccola cessione della cosiddetta privacy, che però andrebbe fatta, data la straordinaria rilevanza dell’onestà dei giudici. E poi sono loro a dire continuamente che se uno non ha niente da nascondere, allora non c’è problema. Secondo me questo è lo strumento, perché è chiaro che qui noi siamo sommersi, rovinati, per una serie di condotte che non sono immorali, sono illegali. Se esse esistono, è solo perché l’autorità giudiziaria non le persegue. Quindi, è l’autorità giudiziaria che ha il ruolo di interrompere questi fenomeni, e non lo fa.
A suo avviso ci sono delle eccezioni nell’autorità giudiziaria?
Quanti sono i magistrati che hanno aggredito veramente questi problemi? A me risulta che non ce ne sia neanche uno.
Spostiamoci sul versante della politica. A suo avviso, si occupa del signoraggio nelle sue forme classiche e più innovative?
Io dico che la politica è un’orchestra in cui dall’estrema destra all’estrema sinistra suonano ognuno il proprio strumento, ma poi tutti la stessa musica, che è una musica scritta dal potere economico. Nessuno parla della soluzione giudiziaria del problema, il famoso arresto dei 1000 che io preconizzo, pronostico, cerco di causare, e che è l’unica soluzione. La soluzione politica è impossibile, perché ti scagliano contro il mondo. Invece un solo pm che lo chieda e un giudice che accordi l’arresto di migliaia dei protagonisti del signoraggio, magari per pochi giorni, fanno aprire il problema e si risolve tutto.
Lei sta dicendo, in sostanza, che il problema della crisi sta molto in alto?
Io ai deputati darei 100mila euro al mese, a condizione di risolvere i problemi. Quando ero deputato europeo, nel ’94 chiesi la parola e proposi che venisse abolito ogni limite temporale, istituendo limiti di altra natura: si può parlare finché si vuole, purché si dicano cose nuove e rilevanti. Tutti rimasero in silenzio, perché nessuno vuol dire cose nuove e rilevanti. Badi, la società odia la cultura della diversità positiva e anche della genialità. La società sceglie di essere stupida perché non si vuole impegnare. La cretinaggine è una devianza. Non è vero che la televisione influenza le genti, sono le genti che influenzano la televisione. Il poveraccio che che parla in televisione sa che istante per istante ogni sua espressione e ogni suo gesto vengono mediati. Se lui non è coerente a quello che vuole il pubblico, cala l’audicence. Ormai si è arrivati a una rispondenza perfetta tra quello che vuole il pubblico e quello che appare in televisione. È il pubblico che determina quello che la televisione deve essere. La società è arroccata nelle sue posizioni. Il problema è che fa schifo la gente. Il vero nemico, il vero avversario da battere è proprio la gente: è quello che la gente sente, pensa. È la gente il portatore di quel programma, non più i vertici del potere, che hanno dovuto innescare un meccanismo di collusione generalizzata. C’è una partecipazione alla lamentela, ma poi ognuno riceve, in varia misura, beneficio dal sistema.
La soluzione rispetto al signoraggio è inevitabilmente giudiziaria, lei ha detto. Che cosa è possibile in concreto fare per innescare il cambiamento?
Nulla. Ho cominciato a dire queste cose nel 1985. Allora le dicevo meglio di ora. Le sanno tutti quelli che le devono sapere: autorità giudiziaria, politica, informazione e buona parte della collettività. La soluzione giudiziaria è l’unica che può determinare il cambiamento. Sa che cosa sto facendo adesso? Sto facendo una cosa che avrei potuto fare da 40 anni e con molta fortuna. Non l’ho mai fatto per motivi ideologici, sto studiando da lupo di borsa. Visto che la gente fa schifo, mi voglio mettere in una posizione di contrapposizione. Se io avessi oggi la forza economica che avevo sino a pochi anni fa, potrei investire 10-20mila euro su ogni mio post e avere un seguito superiore rispetto a quello garantito dalla tv.
Quindi mi sembra di capire da queste sue parole che lei ha deciso di rinunciare all’impegno politico?
No, no, mi impegnerò in politica quando me lo verranno a chiedere. Io mi sono seccato di continuare a dire, di continuare ad offrire delle verità. La società ruba le cose che dico. Le criptovalute, per esempio, sono nate nel 2008, come reazione al mio documento sul signoraggio. Il sistema ha capito che la divulgazione del segreto del signoraggio ne avrebbe prima o poi determinato la fine. Il sapere modifica i rapporti di forza.
Ciò che la differenzia radicalmente dagli auritiani è che loro ritengono che la moneta debba essere di proprietà del popolo all’atto dell’emissione.
Auriti era uno studioso, ma ha commesso degli errori. La questione della proprietà della moneta del cittadino al momento dell’emissione è una stupidaggine. Il denaro è della collettività e poi diventa di proprietà del singolo. Il denaro, però, è di chi lo paga: o con diritti o con altro corrispettivo. Manca, nell’auritismo, un fatto fondamentale, che è l’inveramento. Ho capito questo fenomeno in una notte di fine 2006, in seguito a una discussione violentissima con mio figlio Giulio, che si interessa di queste cose e fa l’avvocato in Australia. Da lì in poi è iniziato il percorso. Io avevo studiato il signoraggio dal mese di luglio del 2006. L’auritismo è stato utilizzato dai poteri per distogliere l’attenzione da quello che dico io. Auriti diventa importante dopo il 1 gennaio 2007, perché viene utilizzato come contraltare rispetto alle mie tesi.
Che ricordo ha di San Giovanni in Fiore, suo comune di origine?
Sono stato a Napoli per tutta la vita, senza mai diventare napoletano. Sono rimasto sangiovannese di concezione, figlio di quella cultura aristocratico-pagana del luogo. Io sono sangiovannese di visione, di cultura. A tutti gli effetti, come si può leggere nel mio libro La storia di Giovanni e Margherita.
Ecco chi è François-Xavier Nicoletti, alias Franciscu “A Vurpa”
Ecco chi è François-Xavier Nicoletti, alias Franciscu “A Vurpa”
San Giovanni in Fiore, la crisi politica nel botta-risposta con il dottore Mauro