Ora i consiglieri ribelli hanno la responsabilità di San Giovanni in Fiore
Il mandato di Antonio Barile si ricorderà per le tasse e i disservizi. Il sindaco di San Giovanni in Fiore (Cosenza) aveva promesso la rivoluzione ma è giunto al capolinea provocando grossi danni.
di Emiliano MORRONE
Nelle campagne elettorali del 2010 e del 2011, Barile aveva dato speranza a tanti delusi dalla politica, giovani e rassegnati. Al potere, invece, ha tradito le promesse e sprecato inutilmente tempo prezioso.
Dovunque e sempre, il primo cittadino ha accusato l’avversario del passato, un centrosinistra rapace, fumoso e familista. In pratica, però, Barile ne ha copiato metodi e atteggiamenti: abolendo la collegialità nelle decisioni e ripudiando il dissenso.
Il personaggio si era detto indipendente dai partiti. Eletto, però, piazzò un suo uomo – allora nel Pdl, oggi supino nel Nuovo Centrodestra – alla presidenza del Consiglio comunale. Di seguito nominò il vicesindaco e un assessore del Pdl. Poi garantì che non avrebbe accettato candidature proposte dal governatore regionale Scopelliti, ma si smentì presto alle politiche del 2013. Lì, in lista al Senato, offrì i suoi consensi in cambio di un assistenzialismo mortificante e stravecchio, già sperimentato nella storia di San Giovanni in Fiore e causa di un’economia falsata, di una brutta differenziazione sociale.
Barile ha centrato l’attività politica sulle esigenze della propria base elettorale, dimenticando tutti gli altri e le priorità: l’ospedale, lo smaltimento dei rifiuti, il ripristino della legalità. A partire dall’Abbazia florense, per cui aveva annunciato azioni clamorose, colpevolmente rinviate all’infinito; forse per paura, forse per aiutare suoi sodali. Il principale monumento della città è pieno di crepe e infiltrazioni, ma all’esecutivo di Barile non importa un fico, perché la memoria, la cultura e lo spirito non producono voti.
San Giovanni in Fiore è diventata deserta. Non c’è più nessuno, il commercio ha subito i colpi della globalizzazione capitalistica e la grande truffa del Meccanismo europeo di stabilizzazione, che ha prodotto imposte sempre più alte e ridotto il potere d’acquisto. Nel contesto, Barile ha badato soltanto alla difesa dei privilegi di centinaia di assistiti, senza preoccuparsi dei relativi costi sociali o della formazione della categoria. Non parliamo dei progetti di sviluppo finanziati dall’Europa, cancellati dall’agenda politica del sindaco e della sua maggioranza. Ricordo che, sempre in campagna elettorale, Barile aveva promesso l’apertura di uno sportello sui fondi europei, mantenuto gratuitamente da Giuseppe Iaquinta, presidente dell’associazione dei commercianti, poi chiuso per il disinteresse di sindaco e giunta.
Per ultimo, Barile aveva promesso di andarsene, se fosse stato bocciato il suo piano di riequilibrio del bilancio, imposto dai debiti ereditati e dai continui tagli ai trasferimenti centrali. Ecco, è arrivato il suo momento. Adesso il sindaco può uscire di scena e far dimenticare l’inconcludenza amministrativa, l’aumento incosciente delle tasse e l’immobilismo sulla sanità e sul mantenimento dell’esistente. Soprattutto, così compenserebbe il tradimento della fiducia di molti elettori e simpatizzanti, che aspettavano un’inversione di rotta e oggi rimpiangono le vecchie pedine di Mario Oliverio.
L’altro peccato di Barile è che ha bastonato i titolari di pensioncine, che in questi giorni hanno trovato 50-100 euro in meno alle poste, per causa dell’aumento dell’aliquota dell’addizionale comunale, ora al massimo, e di politiche analoghe della Regione Calabria, retta dai suoi amici di partito.
San Giovanni in Fiore non può permettersi di cadere ancora più in basso. Giunta al dissesto, deve avere un altro governo scelto dal popolo, che sia di tutta la città e che valorizzi le risorse disponibili; cominciando dal tessuto produttivo, dalla cultura, dalle intelligenze e dall’ambiente.
I consiglieri di maggioranza che hanno chiesto la sfiducia del presidente del Consiglio comunale (in foto uno di loro, Luciano Iaquinta, nda) possono essere risolutivi. Vadano avanti e non ci ripensino. Se arretrassero, dimostrerebbero d’aver scherzato e di non aver percepito la gravità della situazione del Comune, per cui non c’è altro rimedio che il ritorno alle urne. Per un fatto di decenza, di dignità istituzionale e di speranza che va data ai più giovani.
Come bene avete di gia detto: Fra il dire e il fare …c’e’ in mare. Devo scappare e conclude il meglio possibile…Fra Barile e il fare c’e’ sempre stato un OCEANO. Shalom
QUANDO C’E’ STATO IL CONFRONTO AL DINOS FRA TUTTI I CANDIDATI ALLE POLITICHE DEL 2013 BARILE CONCLUSE IL SUO INTERVENTO DICENDO CHE LUI ERA IL MIGLIOR SINDACO,SCOPPELLITI IL MIGLIOR GOVERNATORE E BERLUSCONI IL MIGLIOR PREMIER MI CHIEDO PERCHE’ E’ ANCORA LIBERO
Caro Emiliano,
Viviamo momenti tragici! sono d’accordo.Non condivido tutte le ragioni e le argomentazioni; ci sono stati degli errori, ma l’essenza delle verità’, se mettiamo da parte gli interessi politici di parte, e’ più’ complessa e diversa dalle apparenze.
Che tristezza, che ipocrisia,a quale basso livello di critica e di verità’ vera, quando si argomenta di eroismo, di ribellione per nobili ideali presunti se non per cariche insignificanti in un momento dove dovrebbe prevalere il buon senso e la responsabilità’.
Caro Vincenzo,
io sto alle cariche di cui parli come tu stai alla pallacanestro. Per il resto, discutiamo dei fatti, precisi e specifici. Quale, per esempio, la verità sull’Abbazia florense? Attendo una tua risposta.