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Quel pugno alzato del compagno Lucano

By Emiliano
7 Ottobre 2018
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Mimmo Lucano Emiliano Morrone

Dalla finestra Mimmo Lucano ha salutato col pugno comunista il corale «Bella ciao» delle migliaia di manifestanti contrari alla misura del suo arresto a casa, lo scorso 26 settembre applicata dal Gip su richiesta della Procura di Locri. Il 6 ottobre 2018 è stato il sabato del villaggio globale in marcia per fermare l’additato «invasòr» Matteo Salvini, eletto senatore in Calabria grazie, si ventila da un po’, a pacchetti di voti dell’oggi carcerato Giuseppe Scopelliti e nominato ministro dell’Interno su proposta di un presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, esterno al parlamento al pari dell’omologo Matteo Renzi, ai tempi soltanto segretario nazionale del Pd.

di Emiliano Morrone

Per immagini e motti, social, web, tv e stampa hanno documentato l’entusiastica partecipazione alla giornata di Riace, divenuta la Nazareth dell’auspicata – da più parti – nascita di una sinistra attrattiva, che tra gli altri sostenitori di Lucano include: il governatore della Calabria, Mario Oliverio, il quale per l’incarico di commissario alla Sanità regionale schierò le proprie truppe a favore della riforma della Costituzione marchiata Renzi-Boschi; artisti; pacifisti; ambientalisti; socialisti; vecchi girotondini; il BoBi-verde-viola-giustizialista-ingroiano-(ever)green Gianfranco Mascia; giornalisti rigorosi e in trincea; sindacalisti riflessivi; intellettuali di varia sostanza; consiglieri regionali calabresi col pallino della sanità privata; amministratori locali accusati d’ignorare l’orizzonte buio di masse di precari; pezzi d’impegno civile e giovani in lotta da anni per l’acqua pubblica e contro il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Ttip).

«Una festa multiculturale», abbiamo letto, di energia, lacrime, commozione, abbracci e obiettivi umanitari, tra canti, colori, segni e testimonianze. Con treni, bus e auto a Riace è arrivato un popolo, di là dall’inevitabile contesa sul dato della consistenza, che ha espresso solidarietà, affetto, gratitudine ed encomio al sindaco del Comune già noto per i Bronzi, obbligato a guardare dal suo appartamento e da lì a sentire il calore e il consenso collettivi, moltiplicati dalle condivisioni in rete alimentate dal proclama-appello identitario «Io sto con Lucano».

Tutto bene se, di là dalla vicenda penale di Lucano, che la magistratura è chiamata a definire a prescindere dalla disapprovazione in atto, l’iniziativa riuscirà a innescare un confronto vero e onesto sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza, troppo spesso prigioniero di uno scontro ideologico-politico che ha inasprito i conflitti tra italiani ed extracomunitari in fuga dai loro Paesi.

Intanto il governo in carica deve fronteggiare il potere finanziario dell’Ue per immettere sopra un binario dell’alta velocità il reddito di cittadinanza, su cui il Movimento 5stelle ha fondato la campagna elettorale delle ultime politiche. Nel mentre, in Calabria si contano i danni delle recenti piogge che hanno provocato morti, allagamenti, crolli e fiumi di fango, rispetto a cui il governatore Oliverio ha deprecato gli errori del passato giustificandosi col consunto argomento della colpa altrui.

Temo, però, che quel pugno alzato di Lucano non sia destinato a passare come il mero sfogo di un idealista provato nel profondo, di un sognatore sotto inchiesta per aver dolosamente violato la legge come Cristo, per averne attuato il comandamento nuovo dell’amare come lui, sospinto dall’irrefrenabile desiderio di un mondo più equo e meno sofferente.

Le armate della propaganda sono già sul campo di guerra, a seminare terrore e disinformazione, a produrre allineamento e restaurazione agitando lo spettro del regime, che in realtà sta nel sistema dell’euro e che, delegata una classe dirigente ben propensa a vendersi, ha contribuito a indebolire il parlamento, agli illeciti arricchimenti delle banche, alla sudditanza dei lavoratori, al suicidio di piccoli imprenditori, all’impennata del lavoro nero, all’aumento dei manovali delle mafie, alla crescita dei disoccupati, ai drammi delle famiglie e al declino degli enti locali, della sanità e della scuola pubblica.

C’è una potente sovrastruttura, di là dai partiti e dalla pratica politica, che specula sull’incolpevole Mimmo Lucano facendo leva sul fatto che un sentimento comunista è diffuso nella coscienza collettiva, modellato come pathos per i diritti civili e per una fratellanza a senso unico, cioè solo extra moenia, di cui si adombrano gli effetti nel campo della produzione: sfruttamento e schiavitù di tutti gli addetti e di tutti i soggetti fragili del circuito economico. Qui siamo ben oltre la creazione del personaggio antimafioso di Rosario Crocetta.

TagsaccoglienzacomunismoDomenico LucanoimmigrazioneLuigi Di MaioMatteo SalviniProcura di LocriRiace
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