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Home›In Evidenza›Bavaglio all’opposizione o nota di fretta?

Bavaglio all’opposizione o nota di fretta?

By Emiliano
20 Novembre 2017
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Negli anni ’90 la radio aveva sostituito la sezione del partito. Fu un cambio rapido, dunque invisibile; si stava bene. Nella «periferia dell’Impero», cito l’amico Peppe Voltarelli e l’infido Antonio Negri, c’era un senso di comunità, un afflato contagioso, il bisogno di sentirsi vicini. Specie a San Giovanni in Fiore, capitale dell’emigrazione da cui partii per ritornare «vox clamantis in deserto».

di Emiliano Morrone

Lo ricordo: alle Palme ci si abbracciava per gli auguri e la sera del 24 dicembre si passeggiava sino alle otto meno un quarto, a condividere, alimentare, celebrare l’atmosfera del Natale. Solidarietà tra generazioni; affetto e slancio reciproci. Anche il clima dava il suo contributo: la neve compariva con puntualità tedesca, senza l’ordine dell’Angela cancelliera. Adesso «ognuno sta solo sul cuor della terra», trafitto da un richiamo commerciale pure qui, a San Giovanni in Fiore, dove si va per l’Argentina degli anni ’99-2002, retta da Fernando de la Rúa e Federico Ramón Puerta dopo i disastri del governo di Carlos Saúl Menem.

A sentire i discorsi sempre più diradati dell’amministrazione sangiovannese, è il dissesto, la recessione europea (per cui, Pasolini docet, «tutto sarà lontano»). Tanto basta per giustificare un immobilismo cronico, persistente, ritenuto naturale e assieme inevitabile. La politica ha ovunque rinunciato al suo ruolo, come ricorda il caro, chiarissimo professor Francesco Polopoli, schiacciata da Maastricht, Lisbona e Francoforte. «Così è, se vi pare».

Siamo tra i pochi a resistere e individuare le cause nel voluto scadimento della classe dirigente, cercato, strumentale. Il potere finanziario impone le sue regole antidemocratiche favorendo la pochezza e sudditanza nei governi di ogni tipo. Domina l’idiozia tecnocratica di numeri e parametri, che nascondono la truffa criminale del debito pubblico, per cui non ci sono più soldi, manco per i riscaldamenti e la carta igienica nelle scuole.

La “svolta” proprio negli anni Novanta, con le inchieste su palazzo e partiti, le bombe e le stragi a centrare l’attenzione su drammi e problemi gravissimi, ma non quanto il male dei mali: l’emissione di moneta a debito da parte privata e il correlato sistema dell’euro. Da lì l’aziendalizzazione della sanità e della scuola, il federalismo progressivo, la scomparsa dello Stato nella vigilanza dell’universo finanziario, il Patto di stabilità, il dualismo tra l’indirizzo politico e burocrazia, il cappio degli equilibri finanziari, la legge elettorale dei nominati, l’abolizione della maggioranza pubblica nella Banca d’Italia, il pareggio di bilancio in Costituzione, i tagli micidiali conseguenti al fiscal compact, la riforma delle pensioni, il Jobs Act, la Buona scuola e l’imbroglio del Rosatellum. E dunque una politica supina, con l’unico pensiero di galleggiare, sopravvivere a ogni costo; con il silenzio, l’obbedienza alle gerarchie e la tolleranza delle anomalie, se non insolenze, della pubblica amministrazione.

Nel contesto può accadere, ed è frequente, che gli uffici provino a “recintare” l’attività della politica richiamando norme regolamentari non vincolanti ma organizzative. È successo a San Giovanni in Fiore, con una lettera indirizzata ai presidenti delle commissioni consiliari in cui addirittura si preannuncia che saranno considerate valide soltanto le relative «sedute che tratteranno argomenti previsti dal Regolamento». Come se finora quelle commissioni, per la verità molto attive, intanto la Prima, preposta al controllo degli atti municipali, avessero affrontato questioni tipo il sesso degli angeli, la «supercazzola brematurata» o il futuro di «Jeeg robot d’acciaio». Ed è singolare che l’imprevedibile diktat sia arrivato dopo il recente Consiglio comunale sulla raccolta differenziata. I consiglieri della minoranza, Peppino Bitonti, Angelo Gentile e Antonio Lopez hanno diramato un comunicato stampa, accusando l’ennesimo tentativo di imbavagliarli.

Che cosa dirà il presidente del Consiglio comunale, Domenico Lacava, che con certa frequenza ribadisce, giustamente, la distinzione operata dalla legge (Bassanini) tra il ruolo degli eletti e quello dei dipendenti?

TagsAngelo GentileAntonio Lopezcommissioniconsiglio comunaleDomenico LacavaEmiliano MorronePeppino Bitonti
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